“Riscriviamo i nostri ricordi e cerchiamo nuovi modi per renderli accessibili anche a chi magari non condivide gli stessi sapori d’infanzia. È proprio questa distanza che ci permette di mantenere vive le tradizioni e di non lasciare che si trasformino in cliché o materiale da museo. Il nostro lavoro richiede una notevole comprensione e una profonda conoscenza del passato, perché solo così possiamo osservarlo con spirito critico. Se vogliamo che le nostre tradizioni abbiano la possibilità di sopravvivere dobbiamo trovare il modo migliore per esprimerle, portando al futuro quanto di meglio offre il passato” (Massimo Bottura, Food for Change)
Tiziana Pirola, Coordinatrice dell’Ecomuseo “Adda di Leonardo”, firma una nutriente riflessione sul concetto di Ecomuseo: dalla teoria più generale alla concreta declinazione sui territori del Medio Adda.
Un Ecomuseo è una forma museale diffusa, all’aria aperta, che si snoda attraverso il territorio su cui insiste e si pone l’obiettivo di tutelare il paesaggio, inteso come prodotto dell’intreccio dell’ambiente naturale e degli interventi umani che, nel corso dei secoli, hanno plasmato non solo una forma dell’ambiente ma anche delle peculiari relazioni fra le comunità e l’ambiente stesso. Il concetto di paesaggio è tutelato sia dalla Costituzione della Repubblica Italiana, che all’Art. 9 lo pone in relazione sia con “il patrimonio storico e artistico della Nazione” che con “lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”, sia in modo più specifico dalla Convenzione europea del paesaggio (2000), che lo definisce come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.
Questa interpretazione si lega al concetto di heritage, che si trova all’intersezione fra i concetti espressi in italiano da “eredità”, intesa come eredità storica, tradizioni, e “patrimonio”, in riferimento al patrimonio di beni materiali che rendono tangibile l’eredità storica. Si può quindi affermare che gli ecomusei tutelano l’heritage sia nelle forme materiali che in quelle immateriali, ricomposte attraverso la chiave di lettura del paesaggio come elemento vivo, sul quale si possono leggere le trasformazioni storiche e le forme di vita delle comunità ad esso legate. “L’ecomuseo interviene infatti nello spazio della comunità, nel suo divenire storico, proponendo come ‘oggetti del museo’ non solo i manufatti della vita quotidiana, ma anche i paesaggi, l’architettura, il saper fare, le testimonianze orali della tradizione” (Rete Ecomusei Lombardia, A). L’heritage è inteso, nel framework della Rete Ecomusei Lombardia, come eredità culturale vivente dei territori e delle popolazioni che li abitano: in questo senso, essa si struttura come un processo di sviluppo di consapevolezza da parte delle popolazioni stesse delle proprie radici, il quale poi si traduce in azioni di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio e di sviluppo sostenibile, di tutela e trasmissione del patrimonio locale di beni culturali, luoghi della memoria, tradizioni, di valorizzazione della diversità culturale nella dimensione locale (Rete Ecomusei Lombardia, B). Questo framework ha le sue radici nella Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società (2005), nell’ambito della quale è stata elaborata una definizione di eredità culturale come “insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano […] come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi” (Rete Ecomusei Lombardia, B).
“L’ecomuseo deve essere riferito a uno specifico territorio ben identificato e circoscritto, contraddistinto da una storia e da un’identità culturale, sociale ed economica definita e omogenea. L’ecomuseo è espressione di questo territorio e ne rappresenta le identità culturali, avendo come riferimento la comunità” (Rete Ecomusei Lombardia, B). Gli eventi storici e i modi in cui essi sono stati vissuti e sono divenuti memoria gettano le basi per il riconoscimento da parte di una comunità in un’identità comune che si dispiega poi attraverso la dimensione sociale – le forme dell’essere comunità e del vivere in comunità sul territorio – ed economica – le attività produttive che hanno contribuito e contribuiscono a delineare la forma del territorio stesso. Gli ecomusei ricostruiscono e tengono viva questa narrazione dell’identità locale svolgendo una funzione di raccordo fra la comunità, che trova una cornice entro cui raccontarsi e ritrovarsi, e i visitatori, che trovano una chiave di lettura dei luoghi ricca di suggestioni emotive e di ricchezza culturale.
Il legame fra una comunità e il territorio che essa ha abitato e trasformato nel corso dei secoli si esprime attraverso le tradizioni (intese come cultura tradizionale, storia orale, saperi locali, beni immateriali) e il loro “corredo materiale” in senso etnoantropologico, tradizioni che oggi devono essere salvaguardate attraverso una memoria consapevole, un impegno che si esprime su due fronti: da una parte, la ricerca storica per recuperare, sistematizzare e trasmettere le conoscenze, dall’altra il recupero e l’incorporazione delle tradizioni nell’identità delle comunità che vivono il territorio, con l’obiettivo di rinnovare un senso di appartenenza alle proprie radici che non preclude l’apertura verso l’alterità e uno sguardo rivolto al futuro. L’appartenenza locale intesa come consapevolezza individuale e collettiva della Storia e delle storie che definiscono un territorio può e deve essere un patrimonio aperto, a disposizione di tutti i cittadini che lo sentano proprio, attraverso le generazioni e a prescindere dall’origine. In questo senso, la valorizzazione partecipata della dimensione dell’appartenenza locale non si traduce in una chiusura sul passato, ma diventa parte del patrimonio a cui attingere nella costruzione di un’identità in grado di riconoscersi in molteplici dimensioni.
Questa dimensione, insieme all’apertura al paesaggio in senso ampio, distingue il progetto degli ecomusei da quello dei musei etnografici, che hanno un approccio al patrimonio della tradizione più documentale, volto a trasmettere la conoscenza di una forma di vita appartenente al passato in relazione alla quotidianità dei rituali, delle forme culturali riflesse nella materialità delle pratiche e degli oggetti. La dimensione etnografica non è assente dal concetto di ecomuseo, ma si pone in dialogo con la memoria delle comunità ed è anche interessata alle narrazioni che le comunità costruiscono su sé stesse, per cui l’ecomuseo considera le tradizioni non come qualcosa di cristallizzato nel tempo, ma come una linfa viva il cui significato viene rielaborato dalle comunità nella costruzione del senso di appartenenza e di identità.
Alla luce di tutto questo, gli ecomusei possono essere intesi come luoghi “dove si conserva e trasmette alle generazioni future quella rete di saperi, conoscenze e tradizioni che sono alla base della nostra comunità” (Rete Ecomusei Lombardia, A), o, in altre parole, come “i custodi e i garanti della cultura vissuta e delle tradizioni” (ibidem). Non si tratta però di un’operazione strettamente conservativa, perché l’Ecomuseo ha una natura aperta e dialogica: l’obiettivo è quello di vivificare questi significati rendendoli leggibili e tangibili sia alle comunità stesse, attraverso strumenti riflessivi come le mappe di comunità1, sia ai visitatori, fornendo “una rete di servizi utili alla fruizione del bene culturale e alla sua contestualizzazione storica e paesaggistica” (ibidem) attraverso “l’educazione a un turismo consapevole e ad uno sviluppo sostenibile” (ibidem). L’aspetto della sostenibilità è, di nuovo, inteso in modo plurale: sostenibilità ambientale, ovvero il rinnovare piuttosto che distruggere l’equilibrio fra popolazione e ambiente, e sostenibilità culturale, ovvero una trasmissione dell’heritage che non reifica e non essenzializza, restando accessibile e aperta alla rielaborazione e risignificazione da parte di tutti coloro che vogliono riconoscersi in esso.
Il turismo è lo sbocco ‘naturale’ di questa operazione di rinnovamento e valorizzazione della memoria e della cultura del territorio, e la funzione degli ecomusei può essere pensata come una sorta di ‘raccordo’ di un “processo cooperativo con cui le comunità locali reinterpretano il patrimonio culturale come strumento di sviluppo locale” (Rete Ecomusei Lombardia, A). Questo è vero sia considerando gli ecomusei come enti, le cui attività sono volte a dare impulso a questo processo cooperativo e a raccoglierne i risultati in forme trasmissibili alle nuove generazioni e al pubblico, sia considerando gli ecomusei come chiavi di lettura del territorio, che forniscono una cornice per i visitatori all’interno della quale il patrimonio culturale viene letto in modo unitario e racconta una storia che va oltre i singoli monumenti, siti o beni: la storia di come una comunità ha vissuto e vive il legame con il suo territorio o, per converso, la storia dell’evoluzione di un territorio plasmato dalle vicissitudini e dalle necessità di una comunità. Questo inquadramento è cruciale nell’aumentare l’attrattività turistica di un territorio superando la frammentazione, e riveste pertanto un ruolo chiave nella creazione di sviluppo a livello locale. Nelle parole di Hugues de Varine, al cui lavoro si deve il concetto di ecomuseo, gli ecomusei si sono configurati come “una nuova categoria di istituzioni di tutela del patrimonio, che formano una rete dinamica e rappresentano un fattore di sviluppo sostenibile e di mobilitazione culturale delle proprie risorse, in termini sia di persone che di patrimonio materiale e immateriale” (Rete Ecomusei Lombardia, A).
Come si struttura un Ecomuseo?
Da un punto di vista normativo, gli ecomusei sono definiti come “istituzioni culturali […] che assicurano, all’interno di un ambito territoriale definito e con la partecipazione attiva della popolazione, delle comunità locali, di istituzioni culturali, scientifiche e scolastiche, di enti e associazioni locali, le funzioni di cura, gestione, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio culturale e paesaggistico locale rappresentativi di un ambiente, dei modi di vita e delle loro trasformazioni” (Legge regionale 25/2016, art. 19). La definizione contiene e rinsalda tutti gli elementi che costituiscono il cuore dell’Ecomuseo come forma museale viva, che si nutre del legame fra territorio e comunità, rinnovandolo nella duplice funzione di luogo di elaborazione di significati legati all’appartenenza locale e di sede di interventi che rendano visibili questi significati. Questo si traduce nella cura dell’ambiente, nella valorizzazione dei beni culturali, in un senso di responsabilizzazione collettiva nei confronti del patrimonio materiale e immateriale, nello sviluppo di una consapevolezza che è condizione necessaria di ogni forma di auto-riconoscimento identitario nel proprio intorno. Le comunità devono infatti riconoscersi nel progetto ecomuseale, il quale deve porsi come un nodo capace di aggregare attori intorno a sé per l’elaborazione collettiva del frame di interpretazione del territorio sopra descritto e delle azioni che concretizzano tale frame. La partecipazione è una dimensione fondamentale, senza la quale gli obiettivi fondanti degli ecomusei non possono essere realizzati, e può avvenire in forme individuali o istituzionalizzate.
Nel contesto lombardo il focus nella creazione degli ecomusei è stato posto sull’obiettivo di “non perdere la memoria dei luoghi che hanno profondamente segnato l’economia e la vita dei territori e delle realtà socio-culturali lombarde per portare il passato alla conoscenza dei giovani e dei visitatori” (Rete Ecomusei Lombardia, A). In quest’ottica, ogni ecomuseo è portatore di un patrimonio “costituito dall’eredità culturale vivente e dai beni culturali, materiali, immateriali e del paesaggio presenti sul territorio di riferimento”, e questo patrimonio costituisce un’“espressione dell’ambiente e dei modi di vita e delle loro trasformazioni”, nonché “della cultura della comunità locale” (Rete Ecomusei Lombardia, B). Le comunità sono quindi chiamate a prendere parte al processo di individuazione di questo patrimonio, reso visibile nelle forme con cui esse leggono il proprio territorio, nelle storie di cui la comunità è portatrice e nel loro intreccio con la Storia, nel modo in cui si ricorda e si costruisce memoria, nei “luoghi del cuore” in cui una comunità ritrova sé stessa e il proprio senso di essere “noi”. Ciò che circoscrive il territorio di un ecomuseo è quindi il riconoscersi collettivo in una storia e in un’identità culturale, sociale ed economica definita, ovvero il confine simbolico fra “noi” e “loro”, frutto di vicissitudini storiche e antiche differenze che non vanno interpretate come barriere rigide, ma come luoghi di scambio per avvicinarsi all’Altro senza perdere ciò che ci contraddistingue, la specificità locale, che non va cristallizzata ma condivisa in un dialogo. La specificità geografica e paesaggistica è senz’altro un elemento che, storicamente, ha contribuito a costruire confini, ma fra i territori ci sono sempre stati scambi economici e culturali, per cui la specificità locale deve essere intesa come un elemento che distingue ma non divide. Per questo le mappe di comunità sono uno strumento essenziale dell’attività di un Ecomuseo, in grado di rendere tangibili i processi collettivi di elaborazione di significato anche in relazione alla definizione di confini e alle valenze ad essi attribuite.
Un ecomuseo si costituisce su territori che presentano specificità in relazione a cinque dimensioni, secondo il framework della rete ecomuseale:
- Identità, intesa come un carattere identitario distintivo nella relazione fra ambiente e popolazione;
- Paesaggio, inteso come il risultato di questo legame peculiare;
- Gastronomia, intesa come espressione di una cultura locale in forme di produzione tipiche e di qualità;
- Accoglienza, con un’attenzione specifica a una ricezione turistica in cui la comunità si apre al dialogo con i visitatori, piuttosto che concepire la ricezione turistica come un’attività invasiva e omologante;
- Sicurezza ambientale, intesa come adozione di stili di vita sostenibili che tutelano le valenze ecologiche del paesaggio e la qualità dell’esperienza del paesaggio stesso sia per chi lo abita che per chi lo visita.
Queste dimensioni si possono poi esprimere trasversalmente a cinque forme di patrimonio che gli ecomusei hanno il compito di tutelare:
- Itinerari paesaggistici e risorse ambientali
- Architettura e giacimenti culturali
- Folklore (iniziative, sagre, feste, manifestazioni culturali, rievocazioni storiche ecc.)
- Prodotti tipici
- Artigianato (e altre forme di eccellenza manifatturiera che recuperano saperi locali legati alla tradizione storica e produttiva locale o che sfruttano particolari materiali presenti localmente).
La funzione prevista per gli ecomusei dalla legge regionale 13/2007 è quella di “ricostruire, testimoniare, valorizzare ed accompagnare nel loro sviluppo la memoria storica, la vita locale, la cultura materiale ed immateriale e quella del paesaggio, le relazioni tra ambiente naturale ed ambiente antropizzato, le tradizioni, la ricostruzione e le trasformazioni degli ambienti di vita e di lavoro delle comunità locali” (Rete Ecomusei Lombardia, A). In quest’ottica si struttura una serie di iniziative, da parte degli ecomusei, che dipendono dalle peculiarità del territorio, il quale è letto come “una dimensione locale intorno alla quale si può immaginare un reticolo complesso di attività, che producono ricchezza attraverso il patrimonio territoriale (agricoltura, natura, paesaggio, infrastrutture) e i saperi delle popolazioni (storia e cultura) che […] diventano ‘corpo dinamico’ di sviluppo turistico” (ibidem).
Uno dei modi in cui gli ecomusei possono svolgere questa funzione è quello di mettere il proprio patrimonio di conoscenza a disposizione dei decisori politici e amministrativi nella propria area di competenza, ad esempio mappando gli “elementi del patrimonio culturale e naturale, individuati con la partecipazione delle comunità, quale patrimonio strategico per conseguire obiettivi di qualità paesaggistica” e collaborando all’“identificazione di elementi di lettura validi delle specificità territoriali e delle caratteristiche identitarie del sistema paesistico, ambientale, insediativo e infrastrutturale” (Rete Ecomusei Lombardia, B). In altre parole, il frame di lettura del territorio elaborato dagli ecomusei può divenire un elemento su cui fondare strategie di valorizzazione che rispecchino e rafforzino quel frame, rendendolo più leggibile da parte sia dei cittadini, che dei visitatori. Questo rafforza i processi di auto-riconoscimento nell’identità locale, contribuisce ad accrescere l’attrattività del territorio e unifica le politiche di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente e dei beni culturali in una prospettiva coerente e sistemica.
Quali sono le specificità dell’Ecomuseo Adda di Leonardo?
L’Ecomuseo Adda di Leonardo insiste su un territorio – quello del medio corso dell’Adda compreso fra Imbersago e Cassano d’Adda – caratterizzato dalla presenza dell’acqua, il fiume Adda appunto e i navigli di Paderno e della Martesana. La presenza dei corsi d’acqua ha dato forma alle vicende storiche attorno alle quali si snoda il rapporto fra popolazione e territorio: l’Adda ha rappresentato per numerosi secoli un confine, una risorsa economica, una via di comunicazione, e attorno a queste funzioni si sono costituiti insediamenti sin dai tempi dei Celti e dei Romani. La storia del legame fra comunità e ambiente è una storia di trasformazioni volte a sfruttare le potenzialità dell’acqua attraverso l’operosità delle genti che hanno abitato e abitano tutt’ora questi luoghi. Emblema di questa operosità creatrice e trasformatrice è la figura di Leonardo da Vinci, il cui genio si è applicato su numerosi campi anche sul nostro territorio: durante i suoi soggiorni presso Villa Melzi a Vaprio d’Adda, Leonardo ebbe modo di applicarsi all’ingegneria idraulica progettando miglioramenti al funzionamento delle conche di navigazione per il Naviglio della Martesana, di studiare il funzionamento del traghetto a fune e di riflettere sui moti dell’acqua, trasse ispirazione dai paesaggi aspri e sublimi della forra di Paderno per dipingere lo sfondo della Vergine della Rocce e sviluppò il primo progetto di un canale navigabile volto a superare le rapide dell’Adda nel tratto compreso fra Paderno e Cornate d’Adda.
Leonardo fu uno – forse il più grande, certamente il più noto – dei tanti uomini che lavorarono con ingegno e determinazione per superare le sfide poste dall’ambiente naturale e trasformarlo a servizio delle necessità umane, attraverso i secoli. Le forme oggi più visibili ed emblematiche di questo processo si leggono nelle importanti testimonianze di archeologia industriale che il territorio offre allo sguardo di abitanti e visitatori: le centrali idroelettriche splendidamente integrate nel paesaggio fluviale, i ponti e le dighe, i filatoi e gli opifici che raccontano di una rivoluzione industriale mossa dalla forza dell’acqua.
Le stratificazioni di secoli di opere umane sull’ambiente naturale, in cui gli interventi si sono armonizzati con il contesto, hanno prodotto una varietà di paesaggi che rappresentano una ricchezza culturale ed estetica irripetibile, lo sfondo di un senso di appartenenza che si rinnova nell’orgoglio di scoprire e far scoprire la bellezza nascosta nei paesi – chiese, oratori, santuari, ville –, nella campagna – cascine e paesaggi agricoli – e nella valle del fiume, fra i boschi, le rocce e i canali. Le valenze paesaggistiche riguardano anche la biodiversità, sia in termini di ecosistemi che di specie, come valore da trasmettere nella cornice della sostenibilità, attingendo alla lezione storica dello sviluppo dell’energia idroelettrica fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento: ciò che nasce come soluzione innovativa per affrontare un problema economico diventa capace, grazie alla fertile unione di scienza e bellezza nel rispetto dell’esistente, di produrre sviluppo in modo sostenibile e di essere fonte di valore a più di un secolo di distanza. Questa lezione fa parte dell’eredità simbolica riflessa e incorporata nei beni materiali ed è una delle narrazioni che l’Ecomuseo compie del rapporto fra comunità e ambiente.
In conclusione, la storia delle nostre radici è una storia di uomini e d’acque, in cui possiamo scorgere riflessi noi stessi e le sfide del presente: una storia che vogliamo vivificare attraverso il recupero della memoria e la ricerca da un lato, il racconto e la collocazione di segni per leggere il paesaggio dall’altro, nella convinzione che la memoria può vivere ed evolvere solo nel dialogo, presupposto per riconoscersi come un “noi” che nutre verso il territorio un senso di appartenenza che si traduce nel proteggerlo, nello svilupparne le potenzialità, nel farne scoprire la bellezza e la ricchezza ai visitatori.
Tiziana Pirola
Fonti:
- Rete Ecomusei Lombardia, Gli ecomusei della Lombardia: paesaggi identità ricordo – A
- Rete Ecomusei Lombardia, Vademecum per gli ecomusei 2.0 – B
- Parco Adda Nord, Ecomuseo Adda di Leonardo
- Nunzia Borrelli, lezione tenuta nell’ambito del corso Ambiente e reti territoriali. Sociologia del territorio, corso di laurea in Sociologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca, a.a. 2016/2017
1 “Le mappe di comunità sono ‘sistemi di narrazione e visualizzazione delle relazioni tra persone e luoghi’. Loro obiettivo è di mettere in evidenza la ricchezza del patrimonio locale facendo emergere in che modo gli abitanti di una determinata area percepiscono il loro territorio” (Borrelli). In altre parole, le mappe di comunità offrono una rappresentazione grafica dei luoghi a cui una comunità attribuisce significati legati alla memoria, all’identità, alla bellezza e rappresentano il risultato di un’operazione riflessiva di ricostruzione e ridefinizione dei modi in cui il territorio viene attraversato e vissuto, degli sguardi dei suoi abitanti, un’esplicitazione di un sapere e di una modalità percettiva che altrimenti resterebbero impliciti e, che una volta portati alla luce, diventano patrimonio condiviso su cui fondare e rinnovare un senso del “noi”. La Rete Ecomusei Lombardia definisce la mappa di comunità come “uno strumento per l’inventario partecipativo del patrimonio culturale e paesaggistico, utile alla programmazione di interventi per la cura del territorio e la realizzazione di progetti di sviluppo locale su base comunitaria” (Rete Ecomusei Lombardia, B).