Tramite il prof. Dario Riva, presidente dell’Associazione studi storici di Inzago e della Martesana, riceviamo dal dott. Ottavio Ornaghi di Inzago foto e articoli risalenti al 1972, quando costui – vicedelegato regionale dei Giovani DC – promosse a Trezzo il primo convegno circa la salute del fiume Adda.
1972, l’Adda fotografata dal dott. Ottavio Ornaghi
La cura del territorio è l’argomento emerso a più voci lungo gli Stati Generali della Cultura (2022-2023), indetti dal Parco Adda Nord, che ha coinvolto nella riflessione l’Ecomuseo “Adda di Leonardo”. La testimonianza del dott. Ornaghi si rivela “capostipite” di questa sensibilità ecologica, espressa più consapevolmente proprio a partire dal convegno del 1972. Seguiranno da qui l’istituzione del Parco Adda Nord (1983) e quella dell’Ecomuseo “Adda di Leonardo” (2004).
Custodire l’Adda, curare la salute dell’acqua e delle terre, è l’ambizione di oggi ma in essa risuona una saggezza antica. Si tratta del fedecommesso: uno dei dispositivi di legge più invocati in sede testamentaria tra Cinque e Settecento. Questo vincolo obbligava gli eredi a non vendere né diminuire né peggiorare i beni che ereditavano; potevano solo migliorarli e tramandarli migliorati alle generazioni venture. Non erano dunque proprietari in senso stretto, chiamati a liquidare e “godersi” cosa ricevevano in lascito dalle generazioni precedenti. Erano piuttosto custodi, chiamati a curare e tramandare quel lascito a chi sarebbe venuto dopo di loro. La storia danza, ci consente di fare un passo indietro e due in avanti. Benché il fedecommesso sia un vecchio strumento di legge, disinnescato a inizio Ottocento dal Codice Napoleonico, ci incoraggia ancora a non liquidare ma curare, custodire il pianeta che abbiamo ricevuto in lascito dai nostri antenati, per lasciarlo migliore a chi verrà dopo di noi sul cammino. Ne saremo capaci? Saremo buoni antenati? La risposta si gioca adesso, soprattutto nelle piccole scelte del quotidiano, che riescono alle volte più difficili delle grandi rivoluzioni di popolo.
1972, l’Adda fotografata dal dott. Ottavio Ornaghi
Tra l’eco storica del fedecommesso e i recenti Stati generali del Parco Adda Nord, la testimonianza del dott. Ornaghi fa memoria e traccia una genealogia della cura ambientale, raccontando i passi che dal 1972 portarono anche alla fondazione del Parco. «Per la programmazione del convegno – ricorda Ottavio – mi ci volle circa un anno di incontri e una documentazione fotografica sulla situazione delle rive del fiume Adda (Vaprio, Concesa Fara Gera, Cassano)». Il dott. Ornaghi custodisce quegli scatti, che vennero ingrandite e mostrate lungo il convegno.
«Fu coinvolto anche l’istituto Mario Negri di Bergamo: non potendo esserci, il prof. Garattini mandò il suo vice, prof. Leonardo. Fu la prima volta che vennero coinvolte le province di Milano, Bergamo, Lecco e Como. Il convegno fu molto pubblicizzato da organi della DC, Corriere della Sera, Il Giorno, RAI. Presenziarono anche Romano Battaglia, allora direttore del TG per la provincia di Milano, e Borgonovo, appena nominato presidente del C.I.D.A., che promosse un secondo convegno nel 1973». La sede del 1972 fu individuata nelle colonia elioterapica San Benedetto in località Val di porto, a nord di Trezzo. «I relatori, citati negli articoli di giornale, furono politici, amministratori ma anche tecnici. Io ho presentato l’attività dei giovani DC e le locandine, poi il coordinamento del convegno passò all’avv. Vercesi, delegato della provincia di Milano. A valle degli incontri, negli anni 1972-1973 la commissione regionale di studio e ricerca sui parchi stabilità che tutta l’asta fluviale dell’Adda fino al Po dovesse rientrare in zona di parco. Il progetto di legge n. 249 del 1974, Misure di salvaguardia urgenti per l’istituzione delle riserve naturali, individuava i confini del parco regionale Adda Nord».
1972, l’Adda fotografata dal dott. Ottavio Ornaghi
Il racconto del dott. Ornaghi ci incammina dalla storia recente al futuro prossimo. Il fiume Adda era considerato sacro dai Celti, che lo veneravano in forma di dea. La rivoluzione scientifica e quella industriale hanno messo al lavoro quella dea, trasformandola in una risorsa irrigua, di navigazione e macina, ma soprattutto idroelettrica. Ora tocca alla nostra consapevolezza abitare il fiume, temperando queste due visioni storiche, sacralità ed efficienza, rispetto e utilità dell’Adda.
Cristian Bonomi
Seguono gli articolo circa il convegno del 1972, a firma di Ottavio Ornaghi di Inzago e Claudio Mazza di Trezzo: